Libero Temolo
Nasce ad Arzignano in provincia di Vicenza il 31 ottobre 1906 da famiglia socialista. Viene chiamato Libero Progresso per testimoniare gli ideali paterni, ed Eugenio per ricordare Eugenio Delacroix, il pittore francese che dipinse un quadro dal forte impeto progressista: La libertà che guida il popolo.
Nel 1922 ha soltanto 16 anni quando assiste, una notte, alla distruzione delle vetrate del negozio di suo padre, ad opera di quattro squadristi fascisti. Egli e suo padre riescono a salvarsi fuggendo nella soffitta e di li sul tetto. Militante comunista, lo chiamavano Flecchia perché, quando ad Arzignano arriva il parlamentare comunista Flecchia, si formava una specie di guardia del corpo da parte dei giovani del luogo e Libero si distingueva sempre per il suo zelo. Lo chiamavano anche Lenin per il suo impegno politico. Negli anni trenta si trasferisce a Milano e riesce a trovare lavoro, prima come assicuratore e poi come operaio alla Pirelli. Nella fabbrica, dove presto i suoi compagni prendono ad apprezzarlo per la sua dirittura morale, riprende i contatti con l’organizzazione comunista clandestina. Nel marzo del 1943, nel corso degli scioperi, é tra quelli che si espongono più apertamente. Durante l’occupazione tedesca s’impegna nell’organizzazione delle SAP alla Pirelli, con il nome di battaglia Quinto, sia nello stabilimento della Bicocca che in quello di Brusada (che sorgeva dove oggi c’é il grattacielo Pirelli) in cui lavora.
Responsabile del Partito Comunista in fabbrica, organizza lo sciopero del marzo 1944. Di sera, dopo il lavoro, Libero nasconde messaggi e ciclostilati sotto gli abiti del figlio Sergio, allora quindicenne e, insieme, prima del coprifuoco, li portano a destinazione. Ufficialmente – dichiara Sergio in un’intervista pubblicata il 10 dicembre 2006 sulla rivista Patria Indipendente – uscivamo per andare a provare il mio abito nuovo, a casa di uno che di copertura faceva il sarto. Per prudenza papà camminava sempre a qualche metro da me e, se qualcuno lo fermava, sapevo che dovevo fare un giro largo e tornarmene a casa. Andò sempre tutto bene. Quel vestito per me non fu mai tagliato.”
La sera del 21 aprile 1944 Libero viene arrestato, all’uscita dalla fabbrica. A casa lo stanno aspettando alcuni partigiani, tra cui suo fratello Eugenio, che, tramite lui, devono raggiungere il Piemonte. La stessa notte viene arrestata la staffetta partigiana che li attende a Vercelli. Di solito, quando ai cancelli si notavano macchine sospette – continua Sergio nella sua intervista – correva voce all’interno dello stabilimento e chi aveva qualcosa da temere usciva scavalcando i muri di cinta. Quella volta, purtroppo, nessuno avvisò. Qualche collega, interrogato duramente, doveva aver fatto il nome di mio padre, perché cercavano proprio lui. Me la ricordo bene la sera che non torna a casa. Non l’ho rivisto mai più. Libero era da tempo nel mirino, secondo i colleghi di lavoro si era esposto troppo. Ma cosa doveva fare mio padre? – osserva Sergio – Organizzare gli scioperi e poi tirarsi indietro di fronte al rischio? Che esempio avrebbe dato? Tutti, logicamente, aspettavano che a muoversi fosse lui. Dopo essere stato torturato nella sede dei brigatisti neri della compagnia Oberdan, Libero viene rinchiuso nel carcere di San Vittore, nel quale rimane alcuni mesi, senza un’imputazione precisa e senza processo. Durante il periodo della carcerazione a San Vittore, Libero, promosso scopino, continua a darsi da fare portando notizie e mantenendo i contatti tra i reclusi. Prima di essere portato in piazzale Loreto, Libero Temolo, consapevole della sorte che lo aspetta, lascia il seguente messaggio, orgoglioso e tenerissimo, scritto tra le mura del carcere di San Vittore:
“Temolo Libero, coraggio e fede, sempre fede. Ai miei adorati sposa e figlio e fratello. Coraggio, coraggio. Ricordatevi che vi ho sempre amato. Un abbraccio dal vostro Libero. Raccomando Sergio educatelo. Baci a te e sposa e fratelli, Temolo.”
La mattina del 10 agosto 1944, dopo essere scesi dal camion che li aveva portati in piazzale Loreto, mentre Soncini tenta la fuga, Temolo viene abbattuto dal plotone di esecuzione. A Temolo il Comune di Milano ha dedicato una via nella zona della Bicocca, dove allora sorgeva la Pirelli Bicocca (il giorno dell’eccidio, sul tetto della fabbrica campeggiò la scritta LIBERO TEMOLO).