I 15 e la storia della Resistenza
Il 10 agosto 1944, il clima politico era particolarmente opprimente: l’UPI, la famigerata polizia politica fascista, e l’altrettanto malfamata GESTAPO, la polizia di sicurezza nazista, esercitavano un controllo spietato sulla popolazione. Sui luoghi di lavoro, la dirigenza aziendale, in gran parte fascista, denunciava gli scioperanti che venivano catalogati come oppositori politici e, deportati, partivano anch’essi dal binario 21, insieme agli ebrei. Chi non era deportato, veniva incarcerato come ostaggio, talvolta destinato alla fucilazione, senza processo, come avvenne per i quindici partigiani della strage di piazzale Loreto. Più della metà di essi aveva partecipato agli scioperi del marzo ’43 e ’44; gli altri, li avevano anche organizzati. Ma tutti erano consapevoli che il prezzo della loro scelta antifascista avrebbe potuto essere la deportazione o la morte.
Gli scioperi fecero scalpore per la dimensione numerica e per il coraggio dei partecipanti. Il New York Times riportò in prima pagina, con un titolo a nove colonne, la clamorosa notizia: per la prima volta, con un’enorme partecipazione, si verificavano manifestazioni di tipo politico, assolutamente vietate nell’Europa occupata dal nazismo.